ESSERE PRESENTI

04.10.2023

LE LETTURE DEL MATTINO
Condividiamo il breve brano di Chandra Livia Candiani tratto dal libro "Il Silenzio è Cosa Viva. L'Arte della Meditazione"



Dice Lao Tzu:

Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventano parole.

Fai attenzione alle tue parole, perché diventano le tue azioni.

Fai attenzione alle tue azioni, perché diventano abitudini.

Fai attenzione alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere.

Fai attenzione al tuo carattere, perché diventa il tuo destino.

Essere presenti significa essere presenti al proprio io come a un oggetto di studio. L'io non è la presenza; può parlare per ore della presenza, ma noi sentiamo se è l'io a parlare e non ci raggiunge che vuota erudizione, una fila di parole senza vigore, perché dove c'è presenza non può esserci io e solo la presenza ci raggiunge e ci trasforma.

Attorno all'io ruotano pensieri ed emozioni, l'io è la loro solidificazione, si sente il centro di tutto, le cose esistono solo in relazione a me: mi piacciono, non mi piacciono, mi adulano, mi minacciano, sto sempre difendendo il territorio dell'io.

Per essere nella presenza, devo coltivare a lungo uno sguardo sull'io, anziché guardare tutto dai suoi occhi. Anziché guardare il mondo dalla rabbia, dalla tristezza, dall'eccitazione, guardo la rabbia, la tristezza, l'eccitazione.

La presenza è riconoscere quello che c'è, riconoscere la calma, riconoscere il movimento dei pensieri, non preferire la calma al movimento dei pensieri, non scegliere. La presenza è smettere di aver paura della propria delicatezza.

Ciò che osserva la paura non è spaventato, ciò che osserva la rabbia non è arrabbiato.

Nella presenza c'è discontinuità rispetto all'io. Per sentire la presenza, bisogna fare un passo fuori dall'io, dalle reazioni mentali di cui è fatto, dalle identificazioni che coprono la sua paura di essere nulla.

Il modo in cui guardiamo al nostro io è essenziale quanto lo sguardo stesso. Va allenato uno sguardo tenero, compassionevole, uno sguardo fermo che vede i limiti ma non si trasforma in giudice, in critico puntiglioso e acido, né in risolutore dei problemi altrui.

In noi c'è qualcosa che non pretende e non si impone, qualcosa che semplicemente è. Un puro conoscere sorridente.

C'è un punto in cui il dolore diventa anonimo e le cause contingenti, per quanto gravi, sono solo il nome e la forma che un'energia molto più antica assume in quel momento, è l'energia di essere al mondo, di avvertirsi separati e di percepire la nostalgia e il richiamo dell'unità.

Ogni desiderio racchiude questo desiderio radicale, ritornare alle stelle, non essere più nella distanza.

Essere in contatto con la fonte del desiderio, con il nostro costante mancare, è l'essenza della meditazione. Essere alla fonte è smettere di desiderare, perché si abita il desiderio, si è desiderio senza più oggetto, e il cambiamento inizia accogliendo se stessi, la nostra incompiutezza, la nostra mancanza e tensione verso, cercando di non migliorarsi né cambiarsi, aspettando, attendendo alla trasformazione che arriverà quando il tempo del sostare sarà maturo.


Testo tratto dal libro

"Il Silenzio è Cosa Viva. L'Arte della Meditazione" di Chandra Livia Candiani, ed. Einaudi.
Nella pratica di Chandra, lasciare spazio ai gesti ordinari è un invito a farli brillare, creando un varco nell'oscurità del quotidiano sonno. La consapevolezza fa visita, rivelando i miracoli celati nel noto. In questo mondo, dove la parola diventa immagine e poesia, meditare significa sostanzialmente restare fermi, sedersi e seguire con umiltà e pazienza il respiro. Accogliere il silenzio, conoscere senza pensare. Meditare è sospendere le attività mentali, distogliendosi da azioni, pensieri, preoccupazioni future o ricordi passati. La meditazione non implica svuotare lo spazio intorno a noi, bensì evita di separare il mondo spirituale da quello ordinario. Gesti quotidiani come cucinare, lavare i piatti, telefonare, pulire, leggere o scrivere possono trasformarsi in forme di preghiera. È un invito a immergersi completamente in sé stessi, consapevoli di ciò che si è in quel momento. Molte volte si cerca la soluzione al dolore, all'ansia e alla paura altrove, ma Chandra sostiene che la risposta è proprio nel dolore stesso. Attraverso la sua accettazione, l'assaporarlo e l'abituarlo, il dolore cessa di essere estraneo, diventando progressivamente un ospite scomodo, irruente, tempestoso, ma alla fine, parte integrante di noi. Nella pratica di Chandra, lasciare spazio ai gesti ordinari è un invito a farli brillare, creando un varco nell'oscurità del quotidiano sonno. La consapevolezza fa visita, rivelando i miracoli celati nel noto.

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