LA PERSEVERANZA

14.05.2024

LE LETTURE DEL MATTINO
Condividiamo il breve brano "Cosa significa perseverare? Perché la perseveranza va coltivata" di Norman Fischer tratto dal libro "Tornare a casa. Un commento Zen all'Odissea"


Cosa significa perseverare? Significa che possiamo uscire da una situazione difficile tenendo duro, anche di fronte a molti, veloci e pericolosi cambiamenti. 

Questa è la pratica della perseveranza, la mia disciplina spirituale preferita. Sebbene non sia molto apprezzata o eccitante, la perseveranza è la più grande di tutte le qualità spirituali, poiché senza di essa tutte le altre qualità – l'intenzione, la visione profonda e i poteri – saranno cancellate non appena la prima pantera, il primo serpente o il primo cinghiale apparirà nelle vicinanze. Si può essere forti, intelligenti, gentili, dire le preghiere ogni giorno, meditare fino a che le gambe si staccano. Si possono avere esperienze spirituali meravigliose, incontrare Dio faccia a faccia, servire il prossimo con compassione e zelo. Si può essere creativi e pieni di talento. Ma se non si è pronti e capaci di resistere quando le condizioni cambiano crudelmente e all'improvviso, la pratica spirituale, per quanto devota e brillante possa essere, sarà in ultima analisi piuttosto inutile. E il cambiamento – il costante mutamento e l'improvviso rovesciamento – che ci mette alla prova, dunque dobbiamo apprezzarlo, e anche non vedere l'ora che arrivi, per quanto sgradevole possa essere alle volte, poiché è grazie a esso che siamo forzati a sviluppare la tolleranza e la perseveranza. 

Il carattere cinese per perseveranza è un cuore con una spada che pende su di esso: un altro esempio del modo brillante del linguaggio di mostrarci qualcosa di sorprendente e importante inciso all'interno del significato di una parola. La vulnerabilità è inscritta nei nostri cuori, che possono essere squarciati in ogni momento da qualche improvviso cambiamento nell'organizzazione, da qualche dolore, da qualche orrore, da qualche ferita. Tutti noi sappiamo ciò e ne abbiamo paura, e dunque proteggiamo i nostri cuori coprendoli, non esponendoli. Ma così non funziona. Il coprire il cuore non fa altro che legarlo e soffocarlo fino a che, come una ferita che è rimasta bendata troppo a lungo, il cuore comincia a suppurare e diviene purulento. Alla fine, senza aria, il cuore muore e non si prova più nulla, non si fa più esperienza di nulla.

Praticare la perseveranza vuol dire apprezzare e celebrare la vulnerabilità del cuore, e comprendere che lo squarciarsi del cuore o il sentirlo trafitto non devono essere impediti; vuol dire comprendere che la vulnerabilità del cuore è una cosa buona, in quanto le ferite possono farci sviluppare la pace e il senso di realtà – a patto che si sia disposti a tener duro davanti alla pantera della nostra paura, al serpente del dolore, al cinghiale della vergogna, senza fuggire via e senza essere sbalzati lontano. La perseveranza consiste semplicemente nel tenere duro, con costanza, qualunque cosa accada, aspettata o inaspettata: non fare nulla, non riparare nulla (poiché il fare e il riparare potrebbero essere un modo per coprire il cuore, un modo per evitare ferite e dolori tenendoci occupati con schemi e progetti). Semplicemente tener duro e basta. Tener duro e stare con ciò che è, rende la vita preziosa. 


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